OPEN SOURCE … CON GHIACCIO

Mi sono sempre chiesto, quando gli archeologi del futuro, tra mille anni, studieranno la nostra epoca, che tipi di documenti troveranno e quali dati informatici avranno a disposizione.

La risposta purtroppo è semplice: poco o quasi nulla. La nostra epoca è basata soprattutto sulla dematerializzazione dei documenti, ormai realizzati e conservati quasi esclusivamente in formato digitale, che, proprio per questa loro caratteristica intrinseca, probabilmente non saranno disponibili allo studio dei nostri futuri storici.

A suffragio di tale affermazione dobbiamo pensare che i supporti digitali più comunemente utilizzati hanno una vita media abbastanza limitata. Per far degli esempi: i floppy disk, così in auge negli anni ottanta, duravano circa 2 anni, i CDROM e DVD riscrivibili hanno una vita media garantita di circa 5 anni, mentre quelli incisi professionalmente possono arrivare intorno ai 20-25 anni. Rimangono sempre alcune recenti evoluzioni delle tecnologie magneto-ottiche che arrivano sino ai 30-40 anni, logicamente in condizioni magnetiche e ambientali ottimali.

Un’altra considerazione è di tipo tecno-metodologico: per rendere sempre attuali e disponibili i dati digitali dobbiamo assolutamente tenere conto dell’obsolescenza dei dispositivi di lettura, dei sistemi operativi su cui sono stati creati e del software applicativo per l’interpretazione dei dati stessi. In sintesi, per far arrivare informazioni digitali ai posteri siamo obbligati a rinfrescare tali informazioni con cadenze temporali non maggiori di qualche anno (refreshing) o a utilizzare le eventuali nuove tecnologie emergenti (migration).

La terza considerazione è empiricamente personale: quando, cercando le fotografie delle vacanze estive di un non recentissimo passato, mi son trovato nella triste situazione di non riuscire a leggere il CDROM su cui le avevo salvate, aver resettato l’hard disk in cui potevano forse ancora essere memorizzate e di non aver applicato una seria metodologia ricorsiva di salvataggio (perché l’avevo considerata troppo noiosa).

In altri termini, ho la possibilità di leggere incisioni su pietra e papiri egizi di migliaia di anni fa, ma ho perso il contenuto di testi, fotografie e filmati realizzati da meno di un decennio.

Stessa situazione vale per il software: le linee di codice di tutti i nostri bei programmi e delle nostre splendide app, oggi così tanto amati e venerate, corrono il rischio di essere irrimediabilmente perse in un prossimo futuro.

Ma … alla fine di Luglio, una società informatica americana (facente parte del mondo Microsoft), che gestisce un importante hub in cui sono ospitati progetti e software open source (il cui codice è anche utilizzato da grandi aziende del settore quali Google, Apple e Amazon), ha avviato un significativo progetto di archiviazione mirato alle future generazioni di informatici.

Una parte consistente del loro codice open source (circa 21 TB) è stato trasferito su 186 bobine, realizzate da una società partner, con una particolare pellicola digitale fotosensibile (un microfilm che può essere letto sia da computer che da occhio umano, tramite lente d’ingrandimento), con una resistenza alla corrosione del tempo che, nelle intenzioni degli ideatori, dovrebbe essere millenaria.

Per ulteriore maggiore sicurezza, tali bobine sono state inviate nel cosiddetto Arctic Code Vault, un’apposita cassaforte in acciaio, ospitata in una miniera di carbone in disuso, posta a centinaia di metri di profondità sotto uno spesso strato di permafrost in un’isola di un remoto arcipelago della Norvegia (Isole Svalbard).

Il codice informatico si trova in buona compagnia, poiché la stessa struttura ospita dati di Unicef, degli archivi nazionali del Brasile e del Messico, dell’emittente norvegese KDRS e della Biblioteca Apostolica Vaticana.

Spero che tanto zelo possa raggiungere il lodevole obiettivo di preservare, per mille anni, il codice open source per la conoscenza delle future generazioni di informatici, anche se purtroppo nessuno mi potrà compensare della perdita delle mie amate foto dell’estate al mare del 2012.

 

ACTION ICT   (Agosto 2020)

ACTION ICT è un’azienda di informatica giovane, dinamica e innovativa. Opera, sia a livello nazionale che internazionale, offrendo competenze professionali e soluzioni progettuali nell’ambito dell’ICT a clienti di medie e grandi dimensioni. Le nostre aree di eccellenza sono coperte da tre nostri centri di competenza: ACTION DATA (Big Data Analytics e Intelligenza Artificiale), ACTION APP (Web & Mobile Application) e ACTION IOT (Internet of Things e Robotica).

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